10/09/2014
In qualche occasione nei capitoli precedenti ho fatto qualche cenno alla similitudine storica tra la situazione attuale europea, e in particolare europea occidentale, con la fine dell'Impero Romano e con la fine della Serenissima.
Ci sono analogie molto evidenti, anche agli occhi di uno storico distratto e anche se l'analisi fosse fatta in modo superficiale.
Il contesto che caratterizza la società civile in tre periodi storici così diversi è in realtà sorprendentemente simile. La ripetitività dell'evoluzione politico amministrativa nella quale la collettività è quanto meno complice se non causa diretta, sbalordisce.
Illustri studiosi, liberi da condizionamenti politici trattandosi di materia storica, hanno ricostruito in modo, a mio parere oggettivo, la realtà socio economica culturale degli ultimi decenni di Roma e di Venezia senza tralasciare aspetti relativi alla questione morale o all'elevato grado di opulenza della popolazione. Alla luce di questo lo "stay hungry stay foolish" di Steve Jobs appare quasi una rievocazione storica. Sul finale dell'Impero e sul finale della Serenissima gli "hungry" e i "foolish" di fatto non c'erano più.
Ecco due link estremamente significativi, ripresi da autorevoli siti, per capire il fenomeno:
Roma o anche Impero; ultimo ventennio
Serenissima: la fine della Repubblica Aristocratica
Fenomeno irreversibile.
Ora come allora il fenomeno è assolutamente irreversibile, ovviamente cambia la velocità della caduta. Nei secoli passati l'agonia durò diversi decenni, oggi la tecnologia delle comunicazioni e dell'informazione, la finanziarizzazione del sistema, ecc., accelerano esponenzialmente il fenomeno. L'impalcatura europea, retta oggi sull'egemonia tedesca, è un fattore di ulteriore indebolimento dell'occidente, non fosse altro per la concentrazione del potere e della ricchezza che crea inevitabili squilibri in grado di esasperare le tensioni interne e di ridurre il potere di acquisto medio. La cosa sorprendente è la assoluta mancanza di presa di coscienza della gravità della situazione, nonostante oggi come centinaia di anni fa, come documentato nei link sopra, alcuni osservatori segnalarono i pericoli e le indesiderate evoluzioni storiche.
A questo punto non ci rimane che prendere atto della mancanza dì volontà o di capacità di reagire.
Ma la situazione è veramente grave ?
Se si, in che cosa consiste la gravità?
È opinione comune valutare gli indici economici e, alla luce del peggioramento di pil, occupazione, ricchezza in genere, allarmarsi per l'andamento degli stessi. Ma questa rimane sempre un'analisi miope. Ridurre l'osservazione al solo contesto interno non può essere corretto. Se si esaminano gli indici economici con perimetro il mondo intero, si nota che in realtà vi è crescita generale, seppur moderata.
Questo significa che non c'è un calo della ricchezza aggregata ma semplicemente un travaso di investimenti e di fattore lavoro da un'area verso un'altra. Da un lato, molti milioni di persone sono uscite dalla povertà e dall'altro, molti altri milioni di persone hanno perso reddito; qualche milione è finito sotto la soglia di povertà. In generale l'occidente abituato al consumismo più spinto ha dovuto rivedere le sue abitudini.
Se si globalizza il mercato, si tolgono i dazi, ecc., e nel contempo, non si globalizzano le regole, il travaso è automatico.
Cosa ci si poteva attendere di diverso ?
Il pil si trasfesrisce dai paesi con le regole ai paesi deregolati, in ultima istanza, dai paesi ricchi ai paesi poveri. A causa della speculazione e dell'egoismo delle multinazionali che vollero con forza la globalizzazione per espandere i loro mercati e quindi i loro profitti, si è concretizzata la più grande redistribuzione di reddito della storia.
Sotto il profilo strettamente filosofico politico si potrebbe dire che il mercato ha vinto, o meglio ha fatto giustizia. In realtà il mercato ha penalizzato il modello di sviluppo economico più debole tra i paesi ricchi, cioè quello europeo occidentale periferico, che risulta essere il più esposto. I paesi più forti sotto il profilo industriale hanno subito la crisi in modo minore e ne sono usciti più rapidamente, guarda caso sono gli stessi paesi nel contempo più protezionisti in assoluto, nell'ordine Germania, USA e Giappone. Per non sapere "nè leggere nè scrivere" mi verrebbe da chiedere semplicemente reciprocità di trattamento con questi paesi e analogia di comportamento nei confronti degli "emergenti". Ma tutto questo non porterà ad una inversione del trend in essere, ma solo della velocità. Per l'Europa non potrà esserci futuro senza il ridimensionamento dell'egemonia politico economica tedesca. E il ridimensionamento egemonico tedesco passa per una reciprocità o simmetria del fenomeno protezionista (o la Germania riduce il suo protezionismo o gli altri paesi diventano a loro volta protezionisti) oppure potrebbe passare dalla reazione consapevole dei consumatori che, una volta preso atto della situazione, eviterebbero gli acquisti di merce tedesca. E' auspicabile che avvengano ambedue i fenomeni.
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